domenica 29 dicembre 2013

BUON ANNO BUON DOMANI

BUON ANNO e BUON DOMANI
L'uomo, incredulo nelle espressioni, esitante nei gesti e, per scelta, vagabondo, prossimo il nuovo anno e anche l'alba, l'albagia e il camminare solo, insisteva a ritoccare e a ravvivare, con tinte calde e forti, i suoi trasco
rsi: gli anni andati: di volta in volta, ogni trentuno di dicembre, definiti nuovi. Ci rivediamo l'anno nuovo: era semplicemente un modo come un altro per dirsi: ci sarò. Senza un uomo nuovo, senza una donna nuova, come può essere nuovo l'anno che verrà? "Che c'è di nuovo? Nulla! Eccoli di nuovo!

I barbari: i nuovi barbari partoriti dal grembo sempre fecondo di fascismo, razzismo, autoritarismo, sfruttamento ed oppressione". Pensava, parlava sommessamente, si faceva spostare da un vento non proprio prepotente, come i fili di erba, di qua e di là, senza scomporsi. "Un vaso si può ricolmare di terra, un corpo amato di baci e carezze, una botte di vino, una piazza di gente libera in lotta ma non si può tornare ad essere bambini e poi adolescenti, ragazzi: non sempre si è penna timoniere, penna maestra e remigante, non sempre si è semplicemente piuma oppure ali desiderose di spiccare il volo e non per fuggire ma per affrontare i nemici dell'umanità, della natura". Apparivano alla sua mente stanca, comunque riflessiva e lucida, sommità di montagne-ricordi che non raramente lo avevano reso anche presuntuoso e che la sabbia-passato non riusciva a seppellire. Rimembranze: il sangue che percorreva stradine in discesa o in salita determinato da armi taglienti e sibilanti, oltre diritti e valori, che iene senza dignità utilizzavano contro la gente semplice senza ritegno: iene: assassini! Milioni di morti per fame, mancanza di cure, di lavoro, di acqua e di ogni risorsa che pure gli appartiene. Assassini: in Argentina, in Guatemala, in Cile, in Vietnam ieri e in Colombia oggi, in Indocina e in Perù, a Genova e incarcerando le idee. Una terra, la nostra, una madre appoggiata sulle acque, depredata da avvoltoi dagli artigli che trafiggono le sue parti intime e il suo corpo e la pelle e il cervello libero. "Febbri palustri ci prendono mentre velenosi ragni si esibiscono in orge per pochi: vile teppaglia che non ha coscienza e onore e mortifica l' intelligenza". L'uomo ricordava le storie gioiose di un popolo contadino e operaio, giovane e anziano, donne e uomini stretti in una fabbrica o in un luogo di studio, in un vecchio capannone da ristrutturare o nelle vie di una metropoli che in odore di un futuro radicalmente nuovo cantava, marciava, gridava e parlava, parlava, parlava del domani. Ricordava, anche, storie miserevoli, pietose e lacrimevoli: il lusso degli animi vani e l'altezzosa, superba, arrogante ricchezza di pidocchi e parassiti, ladri di lavoro altrui. Ricordava, inoltre, la noia e il silenzio degli apatici colpiti da un morbo mortale che si trasmette ad altri e ad altre per contagio o creduta furbizia. Gli eroi, gli ultimi, a volte esageratamente spavaldi, testimoniavano il grigiore d'una storia che loro non avrebbero mai potuto documentare e la loro stessa sconfitta: gli eroi esistevano perché i più erano emarginati, esclusi, soggiogati o eliminati. Camminava e un po' piangeva: pensava agli scrittori, ai cronisti del suo tempo diventati mercenari senza pensiero fino a rendere marginale l'esistenza di alcuni intellettuali capaci di realizzare sculture che esaltano ancora i rilievi (rilievo è anche allevare uccelli tolti dal nido) che appartengono, forse, più all'utopia che all'immaginazione cristallizzata. Appoggiandosi ad un albero reso brullo dall'inverno o forse dal tempo e confondendosi con le sue radici imprecava contro taglieggiatori e usurai senza dignità, i farabutti, i falsi innocenti: animali timorosi di morire e che hanno terrore di qualsiasi malattia mentre inviano killer-virus in ogni angolo del mondo conosciuto e installano ordigni di morte nel ventre del globo e nel suo cielo. Animali che sanno solo delegare o che vogliono spadroneggiare perpetuamente. Galli senza anima che ti svegliano prima che il sole sia presente rubandoti il riposo e i sogni, galli buoni per combattimenti infiniti e per far covare uova che non dovranno mai dare la vita. Galli furiosi che scorrazzano nel pollaio beccando ed eliminando chiunque incontrano nel loro recinto per poi invadere l'aia, la campagna fino alle più lontane città. Rimembranze. In una tana, l'uomo, si lasciò cadere chinando la testa, esausto e in parte vittima delle infamità dei fondamentalisti che dominano, nonostante loro, non poche tribù sparse tra monti e pianure, su isole e modeste colonie. Sapeva di non essere solo. Sapeva che milioni di senza nome e di anonimi partigiani avrebbero viaggiato in ogni direzione per continuare a difendere la specie umana e l' ambiente, per proseguire nella dura fatica di umanizzare la bestia. Ma ora era lì: in una grotta che ricordava la natività anche se a lui non era mai riuscito di pronunciare un "buon natale" che in fondo gli ricordava un uomo martorizzato in fretta e massacrato in giovane età solo per aver pensato cose diverse dai padroni dei suoi giorni, del tempio e amici dell'impero sempre in armi. Il potere ha sempre temuto e bastonato chi pensa, gli anarchici, i socializzatori, i diversi, i popoli liberi e ogni antagonista per quanto umile o istintivo. "I dominatori non sono mai stati capi ma unicamente sopraffattori": ripeteva e ripeteva e ripeteva e vedeva, strana allucinazione, gente che non era disponibile a riverire nessuno, a dire grazie, a piegare la testa e in lotta contro ogni torto. L'uomo, adesso, aveva gli occhi socchiusi e tuttavia dialogava con la sua ombra, sorridendo di tanto in tanto, anche se questa non gli rispondeva. Confessava a quella figura simile alla sua pensieri profondi e progetti esaltanti poi decise di scrivere sul muro una frase da regalare ad ogni nuovo viaggiatore: "buon anno e buon domani anche a te. Buon anno a chi nascerà oltre il nostro tempo, ai pazzi e ai vagabondi, agli indios e agli sfruttati, buon anno alle speranze e ai sentimenti, buon anno a chi vive tra le macerie che non ha prodotto e in terre rese incolte, buon anno a chi si ribella e a chi ha la fortuna di essere di razza mista, africano, orientale, migrante, buon anno a Carlos e a Marcos, a Letizia e a Dolores, Ines e Mercedes e a tutti quelli che non hanno un nome o lo hanno simile a milioni di altri e di altre, buon anno e buon domani a chi ha capito che il dopoguerra non c'è mai stato e a chi resiste dentro i lager che gli embarghi inventano, buon anno a chi ha un periodo oscuro, a chi vive ai margini del pianeta e delle città e dei villaggi, buon anno a chi sa ancora ridere e piangere, ama la memoria e cerca il futuro, cerca un lavoro, cerca un amore, cerca un fiore con il quale scambiare idee e una mano da stringere per percorrere uniti strade inesplorate. buon anno a chi odia gli ipocriti e i potenti tutti". Questa è una leggenda banale come tante altre. Dove sia ora l'uomo non lo sappiamo e ha poca importanza. E' cibo per vermi oppure combattente senza pause? E' in marcia verso la primavera e ancora un maggio di rivolta? Riposa o dorme o qualcuno l'ha scaraventato in una prigione senza luce? A noi piace riconoscerlo in ogni compagno e in ogni compagna che con fierezza alza il pugno contro ogni padrone. A noi piace riconoscerlo, pur se in parte siamo tutti un po' soli e un po' contradditori e un po' orgogliosi e un po' incapaci di ascoltare e un po' retorici o a volte demagogici, in coloro che lottano non un giorno ma tutta una vita.
Michele Capuano
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